Il tema principale che non viene affrontato, fra poco diventerà la lotta di classe fra dipendenti pubblici, portatori di redditi sicuri anche stando a casa, e dipendenti privati, assieme agli imprenditori, che di sicuro non hanno niente e che sono costretti a chiudere per decreto.
Partiamo da un assunto semplice: ci si indebita quando si prevedono flussi di cassa positivi che consentano di ripagare debito e interessi, ottenendo un margine di contribuzione. Questo assunto è valido sempre, sia per le attività pubbliche che per quelle private, fino a quelle familiari, anche se è sottoposto a specifiche regole di funzionamento, diverse a seconda del contesto, ma che, salvo poche eccezioni, non cambiano la sostanza del tema. Ed è da qui che si deve partire se non si vuole farsi ingannare da una narrazione, il famoso “storytelling”, parola che ha sostituito quella più precisa, antica e veritiera di “demagogia”, in base alla quale noi italiani dovremmo essere beneficiati da non si sa quale entità estranea alle regole dell’economia.
La demagogia di cui si parla non è solo data dalla diatriba Mes o non Mes, che meriterebbe da sola un capitolo a parte, soprattutto per come è stata indecentemente gestita la comunicazione negli ultimi giorni, ma è innanzitutto l’incapacità complessiva del governo a impressionare. L’incapacità di darsi una strategia nel momento in cui è entrato nelle trattative europee e l’incapacità di stabilire che cosa fare con i soldi che in parte ha comunque ottenuto, taluni in modo condizionato e talaltri in modo incondizionato. Ha ottenuto, ad esempio, la facoltà di chiedere al Mes senza condizioni circa 35-36 miliardi di euro per destinazioni direttamente e indirettamente (anche se quest’ultima definizione spicca per vaghezza) connesse alla pandemia, ma se da un lato canta vittoria per questo risultato, dall’altro dichiara, per evidenti motivi politici e di bandiera, di non volerli utilizzare.
Quindi che si fa? Ovviamente niente, si perde tempo e si raccontano storie. La storia che si è raccontata e si è venduta agli elettori è che in fondo ci debba essere qualcuno, la cattiva Germania, che ci debba regalare dei soldi a fondo perduto. Se questo non avverrà, Europa matrigna noi “faremo da soli”, ovviamente senza specificare cosa questo voglia dire. Meglio lasciarlo nel vago, perché appena lo si tenta di specificare, possono venir fuori ircocervi ed altri animali immaginari come la proposta, per fortuna, solo di una parte del Pd, di istituire una “patrimoniale in base al reddito”, che poi sarebbe nient’altro che un’addizionale sul reddito ma fa più figo per i propri elettori definirla così, anche perché forse così consente di verificare le reazioni dell’elettorato alla preparazione di una patrimoniale vera, o altre perversioni simili.
Si racconta la favola per bambini che qualcuno ci debba dare dei soldi che poi non si debbano restituire e non la più cruda verità da adulti, al massimo si potrebbe ottenere del credito con un sistema che riduca il costo del prestito stesso, e cioè la spesa per interessi. Tutto qui. E in modo analogo funzionano gli altri provvedimenti e strumenti indicati da Bce e Bei, oltre al nuovo Sure. Se davvero si volesse essere onesti con gli elettori, la discussione verterebbe su questo punto, ma si deve partire dalla realtà non dalle poche solide fantasie. L’Europa sembra essere diventata un “altrove” di cui noi non facciamo parte e nel quale siamo costretti, che ci sottrae risorse senza darcene e questo si amplifica proprio nel momento in cui si raggiunge un risultato, per quanto questo risultato sia sotto le aspettative dell’elettorato. Ma queste aspettative come sono state formate? È un processo che va avanti da anni e che sta trovando il culmine, ammesso che non lieviti ulteriormente, proprio in questi giorni.
Non si vuole prendere atto del fatto che è lo stato di indebitamento della nostra nazione, circa il 135 per cento di rapporto debito-Pil, il macigno che rende strettissime le possibilità di manovra. E in questi anni i governi che si sono succeduti avrebbero potuto utilizzare le opportunità date dalle manovre monetarie di Mario Draghi per migliorare questo ratio, essendosi ridotta considerevolmente la componente degli interessi sul debito, un altro macigno che tuttavia è stato sostituito da altra spesa corrente, 80 euro, redditi di cittadinanza, bonus per i diciottenni, maternità e altri sussidi variamente denominati, ma certamente non produttivi di reddito aggregato.
E la produzione di reddito aggregato, denominatore del rapporto che si è indicato sopra, è attualmente il tema principale che non viene affrontato in nome di una lotta ideologica fra capitale e ambiente che fra poco diventerà lotta di classe fra dipendenti pubblici da un lato, portatori di redditi sicuri anche stando a casa, e dipendenti privati assieme agli imprenditori, che di sicuro non hanno niente e che sono costretti a chiudere per decreto. Nessun’altra nazione ha chiuso le attività tanto quanto l’Italia, le statistiche sono alla portata di tutti, si trovano su Internet gratis. E sono diventate numerose anche le interviste a manager aziendali che denunciano la perdita di competitività verso l’estero a causa della asimmetria fra le chiusure totali di alcuni settori in Italia rispetto alla continuità in altre nazioni, oltre ad interviste a manager che governano contemporaneamente aziende con filiali, ovviamente dello stesso settore, chiuse in Italia e aperte all’estero.
Come si può pensare allora di generare quei denari che serviranno per ripagare i debiti? E come si può pensare che molte aziende riescano a mantenere livelli di vendita e quote di mercato conquistate in anni di sacrifici, investimenti, impegno costante e quotidiano fra le mura aziendali, e in costosi viaggi commerciali? Davvero qualcuno crede che ci sia una stampante di soldi azionabile a piacere sotto la sede della Banca d’Italia in via Nazionale? Non si esce da questa crisi senza una ripresa delle attività e non si arriva alla ripresa delle attività se non si affronta organizzativamente il percorso che possa portare alla riapertura delle aziende. Ma ancora prima occorre una volta per tutte smettere di considerare le aziende e gli imprenditori come dei nemici della salute pubblica, considerato che non è nelle aziende che si verificano le maggiori esposizioni ai contagi e che, piuttosto, esse possono essere meglio utilizzate come parte integrante del sistema di controllo e monitoraggio del fenomeno.
Ci si indebita quando si può ragionevolmente restituire, secondo le regole del contesto in cui lo si fa. È un dato di fatto e tutto il resto, i racconti mielosi a reti unificate, sono solo fumo negli occhi. Lo sa bene Mario Draghi che è così. Perché Draghi è l’unico, finora, ad aver cercato di tracciare un sentiero alternativo, tale per cui anche l’eccessivo rapporto debito-Pil e lo scenario peggiorativo dello stesso che con ogni evidenza si prospetta debba essere letto con una luce diversa. Sono di Draghi le parole: “Livelli molto più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e dovranno essere accompagnati dalla cancellazione del debito privato”, non di altri. Parole pesanti, nette, radicali.
Che pur provenendo da un europeista convinto, sembrano non aver ancora fatto breccia in una Europa, questo sì, troppo imprigionata dalle regole tedesche che appaiono sempre più pro-cicliche, soprattutto se applicate alla lettera in occasioni come questa. Piuttosto hanno fatto breccia negli Stati Uniti dove Draghi è da anni molto ascoltato e dove la cancellazione dei debiti delle piccole imprese è, secondo determinate condizioni e limiti e assieme a contributi diretti (che le aziende non licenzino i dipendenti per 8 settimane, utilizzino i contributi per pagare salari, affitti, utenze e interessi dei mutui) diventata già operativa. Da noi invece non c’è niente di concreto, non ci sono i 600 euro, non c’è la cassa integrazione, non ci sono contributi diretti alle imprese e non c’è la cancellazione, nemmeno parziale e condizionata del debito. Non ci sono più nemmeno i cittadini, ma solo gli elettori, peraltro solo teorici e da sondaggio, visto che a votare non va e non si andrà. Così siamo trattati, carne da sondaggio. E i potenziali elettori sono ormai tutti caduti all’interno di una discussione inutile ai fini della ripresa, ma utilissima per sviare l’opinione pubblica da una verità che altrimenti sarebbe davanti agli occhi di tutti, che questo governo non è in grado di programmare alcuna via d’uscita. Per dirla alla Francesco Guccini, “il male e il potere hanno un aspetto così tetro!”.
Commenta per primo