La riacquisizione (riassunzione) di un nuovo direttore porta la SOGIN nella bufera

I deputati Simiani, D’Alfonso e Di Sanzo (PD) hanno chiesto lumi sulla riacquisizione in azienda e nomina a direttore di Giuseppe Bono, voluta dall’Ad Artizzu. La risposta del MASE conferma la regolarità, ma il retroscena svela altro

Come è noto ai lettori di questo blog già in passato mi sono occupato di alcune vicende che hanno riguardato la Sogin, l’azienda di Stato preposta allo smantellamento delle ex centrali nucleari italiane. Negli ultimi mesi alcune polemiche, scaturite sull’individuazione del luogo dove costruire il deposito nazionale unico, l’hanno prepotentemente riportata alla ribalta della cronaca.

Quel balzo nel passato

Gian Luca Artizzu Ad di Sogin

Forse l’amministratore delegato, Gian Luca Artizzu, ha pensato che queste criticità non bastassero e in barba al famoso motto dell’era fascista, “Dio, Patria, ogni altro affetto, ogni altro dovere vien dopo”, ha deciso di gettare altra benzina sul fuoco. A esacerbare la tensione, interna e esterna, è stata la scelta di riacquisire la figura di Giuseppe Bono, proveniente dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici) e nominarlo d’emblèe direttore. Decisione che ha riportato, in un baleno, l’azienda nucleare nuovamente sotto i riflettori, facendole fare un balzo nel pregresso, in quella zona torbida e grigia che ne aveva contraddistinto alcune conduzioni del passato. Un risultato che però non deve indurre il lettore, come spesso accade, a commettere l’ingiusto errore di confondere le capacità professionali di chi lavora all’interno della Sogin con le azioni di chi la guida. Non sarebbe corretto e neanche rispecchierebbe la realtà delle cose.

Tutto passa, ma niente va via del tutto

Nel passato alcune inchieste giornalistiche dapprima, azioni istituzionali poi e successivamente denunce degli stessi sindacati di categoria, avevano fatto emergere un quadro preoccupante, sia sulla gestione che sull’avanzamento dei lavori. Il risultato ha portato, solo negli ultimi quattro anni, a un ennesimo commissariamento della Sogin, nel giugno del 2022 (governo Draghi) e in seguito, dato il persistere dei non brillanti risultati di gestione, con l’attuale governo di centrodestra a trazione Meloni, alla nomina di un nuovo consiglio d’amministrazione nell’agosto del 2023. Probabilmente ci si attendeva qualcosa di diverso, da chi fosse designato a ricoprire il ruolo di amministratore delegato, lontano dalle vecchie logiche e sistemi retaggio del passato. Ciò nella speranza che qualcosa cambiasse realmente, ma come si suol dire: “Tutto passa, ma niente va via del tutto”.

Le interrogazioni parlamentari

On. Marco Simiani

A quanto pare a non esser andata via, ancora una volta, è quella cattiva abitudine di far apparire all’esterno che tutto sia cambiato, ma che di fatto, tolta qualche azione di maquillage data in pasto all’informazione e qualche contentino elargito all’interno dell’azienda, si è assistito al cambio di un bel nulla. Un fare “ammuina” per celare dell’altro e che ha indotto, attraverso delle interrogazioni parlamentari, i deputati Luciano D’Alfonso prima, Marco Simiani e Christian Diego Di Sanzo (PD) in seguito, ha richiedere delle verifiche su quanto stesse accadendo nell’azienda nucleare. Quella riacquisizione perorata dall’Ad di Sogin, con tanto di lettera di nomina a direttore, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e indotto a chiedere chiarimenti sulle effettive competenze di questa new entry, senza analizzare abbastanza la metodologia di ingresso.

La presenza di figure professionali già esistenti all’interno

Alcuni penseranno che focalizzarsi sull’episodio in sé significhi voler polemizzare su un qualcosa di banale, all’apparenza quel che si definirebbe una normale procedura, senza pensare che invece possa nascondersi dell’altro. Soffermarsi su una questione di lana caprina, direbbe qualcuno, come per cercare di vedere solo quella parte del bicchiere mezzo vuoto, ma non è così. Semmai si è voluto far emergere una questione di fondo e accendere l’attenzione su ciò che potenzialmente già è esistente in quel bicchiere, in termini di esperienza e professionalità tra le figure lavorative presenti nell’azienda. E’ cosa risaputa che un bicchiere, se non maneggiato con cura potrebbe scivolare dalle mani, schiantarsi al suolo, infrangersi in più parti e i vetri, in questo caso, rimanere in pugno ai ministeri competenti.

La scelta del MEF e del MASE

I ministri G. Giorgetti e G. Pichetto Fratin

Che a quanto pare hanno già dato del loro nella faccenda con un’altra nomina, avvenuta sei mesi fa, quella dell’amministratore delegato dott. Gian Luca Artizzu. Sicuramente il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, insieme al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, con l’arrivo di Artizzu (che sembra nutrire una profonda stima proprio verso il titolare del MASE, tanto da definirlo, in un’occasione, oxfordianamente “testa di cazzo”), avranno pensato di tener ben in pugno quel bicchiere di cui sopra, pardon la situazione. Per giunta ritenere di aver fatto la cosiddetta “scelta azzeccata”, mettendo un interno che già conoscesse le problematiche aziendali e recuperare così il tempo perso. Solo che facendo questa scelta, probabilmente, non hanno considerato – o chi ha suggerito tale scelta non ha voluto far notare –  un piccolo fattore, che poteva già far suonare un campanello d’allarme.

La gatta frettolosa fa i gattini ciechi

Il fatto che l’ultimo Cda aziendale era guidato proprio da un dirigente interno e le cose non pare che siano andate proprio così bene. Anzi l’esperienza ha dimostrato l’inverso, mettendo una figura interna sono aumentate le lotte in casa che, oltre a indebolire, hanno contribuito a rallentare e distrarre l’azienda dai risultati che l’attendevano. Questo nonostante i lavoratori non stessero con le mani in mano, semmai al contrario, ma quelle misere logiche rappresentate da cieche cordate interne, allora come adesso, hanno fatto sì che tutto fosse reso non percepibile agli occhi dell’opinione pubblica.

Uno tra i tanti problemi

Se fosse stato messo un puro manager esterno, non legato a nessuna cordata aziendale, non influenzabile da Tizio, non avvicinabile solo perché amico di Caio o Sempronio, le cose probabilmente sarebbero andate e andrebbero oggigiorno diversamente. Fidatevi! Quindi il cercare di evitare fasi transitorie, possibili stalli, riconducibili al fatto che con un amministratore delegato esterno si sarebbe corso il rischio che necessitasse un lasso di tempo per capire come operare, non serve proprio a un bel niente. Oltre i tempi della burocrazia (che quando viene superata, lavori come quello di 200 milioni di euro del CEMEX non vede lo stesso la luce), le ostilità esterne sul territorio, bisogna andare a uno tra i tanti problemi alla base.

L’esperienza del passato insegna

Quello rappresentato dalla circostanza che quando si è fatto ricorso a una figura interna, nel caso specifico, finora il risultato che ne è venuto fuori, oltre a essere deludente, non ha reso neanche giustizia all’impegno profuso da tutti i lavoratori che operano all’interno dell’azienda. Perché avviene, come dimostrano i fatti, che chi è chiamato per ricoprire l’incarico alla guida di questa, come primo obiettivo (sottaciuto) tende a limitare o alienare la cordata a lui ostile. Togliersi i famosi sassolini dalla scarpe, ma per farle agli altri.

L’arte della prestigiazione

In ogni caso, a rifletterci bene, dire solo arrivo nel caso dell’Ad Artizzu sa più di eufemismo. Questi non me ne voglia, ma la sua potremmo definirla una vera arte della prestigiazione, come una sorta di vola Gigino torna Gigetto, uno scomparire per poi ricomparire. Eh già…! Perché leggendo il curriculum vitae, con somma meraviglia, si nota che è assunto in Sogin nel 2004, per poi andar via nel 2006 (chissà perché?), riassunto nel giugno del 2020 (mistero della Fede) con il ruolo di direttore del personale, più tardi spostato alla direzione del combustibile e infine plana sulla poltrona di Ad. Insomma una serie di “carrambate”!

Il fenomeno di rientrare come direttori in Sogin

Che volete che sia, come è noto a molti, a chiunque può essere altrettanto facile essere assunti in un posto statale, andarsene e poi, con tanto di concorso pubblico, rientrare da direttore. E qui vi è una piccola nota di colore, data dal fatto che proprio da quando Artizzu è amministratore delegato, quello di rientrare in Sogin come direttore sembra essere divenuto un fenomeno in espansione. Fenomeno che, come scritto qualche riga addietro, ha suscitato quell’interesse dei tre parlamentari che hanno mosso più di qualche perplessità su tale prodigio. Si vede che i tre deputati sono a digiuno dell’arte della prestigiazione o sono diffidenti verso questa o, meglio ancora, sentano puzza di bruciato. Mah! Tuttavia anche in questo caso, riflettendoci, nasce un dubbio.

Cosa è avvenuto precisamente

On. Christian Diego Di Sanzo

Vuoi vedere, invece, che Simiani, D’Alfonso e Di Sanzo non credano alle parole della premier Meloni, pronunciate con immarcescibile fermezza? “Il tempo dell’amichettismo è finito! – Eh si, esimi onorevoli, ha detto proprio così, quindi bisogna farsene una ragione. – In fin dei conti le loro interrogazioni parlamentari hanno già ottenuto una risposta il 31 gennaio scorso, letta gentilmente dal vice ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Vannia Gava (Lega), in commissione ambiente della Camera dei Deputati. Risposta sicuramente fornita al ministero dalla stessa Sogin, che sarà stata interpellata per dare i dovuti chiarimenti. Quindi ricapitolando, cosa è avvenuto precisamente. Gli onorevoli Simiani, D’Alfonso e Di Sanzo chiedono al MASE (ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) dei chiarimenti sul caso di Giuseppe Bono, sulla sua riacquisizione e nomina a direttore, voluta dall’attuale Ad Artizzu (conosco personalmente entrambi).

Tutto molto chiaro con tanto di parere pro veritate

Il MASE, a sua volta, chiede alla Sogin, quindi dove siede come Ad Artizzu, anch’egli oggetto dell’interrogazione, se tale riacquisizione (riassunzione di fatto) sia avvenuta rispettando tutti i criteri previsti. Ah, tutto chiaro! Mi scusino gli interessati per l’esempio seguente, ma calza a pennello, dato il macello che ne è scaturito e che alcune decisioni su taluni dipendenti potrebbero celare. Come dire che uno va dal macellaio e chiede allo stesso, se lui venda della buona carne o meno. Cosa volete che vi risponda il macellaio, che non è così? Inoltre, per essere ancor più convincente, vi fa sentire il parere di qualche cliente a conferma della sua tesi. Infatti nella risposta, fornita agli interroganti, è stato sciorinato che tutto si era svolto in modo regolare e che sussistevano tutte le competenze necessarie di Giuseppe Bono, avallato anche da tanto di parere pro veritate. Caso chiuso, penserete voi?

I parlamentari non se la sono bevuta

On. Luciano D’Alfonso

No, i deputati Simiani, D’Alfonso e Di Sanzo non se la sono bevuta. D’Alfonso nella sua replica al viceministro del MASE ha dichiarato: “… non si può organizzare l’amicalità ma vanno organizzate le competenze e la dirittura dei doveriPer questo dico che c’è totale insoddisfazione e secondo me è stata raggirata anche la figura giuridica del ministero. Servirebbe un’attività introspettiva anche chiedendo al magistrato delegato della Corte dei Conti qual è lo stato esatto dei fatti”. Sommessamente sarebbe opportuno far notare, ai parlamentari, che forse il riflettore andrebbe posto anche su un’altra questione, quella della straordinaria tempistica dell’evento, passata sotto traccia e che invece potrebbe rivelare qualcos’altro.

La tempistica dell’accaduto rende più nitida la realtà

Giuseppe Bono

In effetti non si spiega il perché l’amministratore delegato, nominato il 4 agosto 2023 – tenendo presente che questi sia andato pure in ferie in quel periodo – a solo un mese e undici giorni dal suo insediamento, tra i primi pensieri che gli affiorano alla mente vi è quello di una vecchia pratica non portata più in porto. Una richiesta di ben quattro anni or sono (2020), riguardante la figura di Giuseppe Bono. Seppur la pratica non richiedesse per forza l’esito positivo e neanche l’urgenza dimostrata, l’ipermemore e scrupoloso Ad tra gli atti immediati che compie, c’è quello di chiamare presso la Sogin proprio Bono. A quanto è dato sapere questo è avvenuto tra giovedì 14 o venerdì 15 settembre 2023, e il lunedì successivo, il 18 settembre 2023, l’interessato prendeva servizio con tanto di nomina a direttore di due direzioni, Affari istituzionali e Regolatorio.

Al GSE si staranno mangiando le mani

In un secondo momento, date le competenze presenti sul CV (?), gli veniva conferita anche la nomina alla direzione Comunicazione. Sarebbe interessante se i tre deputati chiedessero lumi non solo per la direzione Regolatorio, ma anche per quella della Comunicazione. Se poi tra queste, quella della comunicazione è stata concessa, dall’Ad Artizzu a Bono, per la capacità di informare all’esterno su quanto accadesse in Sogin, allora in questo caso bisogna alzare le mani. Ci sta tutta! Mi spiace, ma qui non c’è bisogno di alcun parere pro veritate che tenga. Probabilmente dove prestava servizio il neo direttore (GSE dove dal 9 marzo 2023 siede alla presidenza, l’ex senatore della Lega, Paolo Arrigoni), in qualità di quadro, non si saranno mai accorti di avere on board un dipendente con delle simili qualità e si immagina che adesso staranno, perfino, mangiandosi le mani per non averlo capito in tempo.

La chiave di lettura nel retroscena

O forse, diversamente, tutta questa faccenda potrebbe contenere in sé un’altra chiave di lettura, con dei retroscena nascosti e il tutto assumere un significato ben diverso. Per giunta lontano da un qualsiasi parere pro veritate da sventolare. Chiaramente per una questione di spazio, per il momento, si è costretti a riassumere in breve i connotati della vicenda. Partiamo da un dato certo. Quello che Gian Luca Artizzu e Giuseppe Bono si conoscessero già da tempo (2020), i due erano in contatto e passavano all’esterno notizie sulla Sogin, documenti e altro. Il primo redigeva e spingeva per la presentazione di interrogazioni parlamentari (FdI e Fi) sui vertici dell’azienda per cui lavorava (esiste per i dipendenti, e a maggior ragione per i dirigenti, il rapporto di fiducia aziendale che, se infranto, comporta il licenziamento).

Quello che nessun parere pro veritate poteva svelare

Nella fase del rinnovo dei vertici Sogin, quando Artizzu come dirigente temeva per il suo ruolo e futuro in azienda, soprattutto se fosse stato nominato un interno, Bono (che risulterebbe essere stato nell’orbita di Forza Italia e adesso in quella della Lega) pensando a un proprio tornaconto – ovviamente cosa documentata, come del resto tutto il resto –  fa in modo di porre Artizzu nelle condizioni di essere nominato amministratore delegato. Così solo per una maggior completezza di informazione, va detto che una persona, Michele Sciscioli, dipendente della Sogin, molto vicino al ministro Giancarlo Giorgetti, tanto da volerlo a capo del dipartimento delle Politiche Giovanili e Servizio Civile Universale presso la Presidenza del Consiglio, è amico dello stesso Giuseppe Bono.

L’escamotage

Persona che, al dire dello stesso Bono, voleva dare una mano a Gian Luca Artizzu. A meno che non si trattasse di una pura stretta dell’arto per un saluto, forse intendeva qualcos’altro. Chissà cosa? Naturalmente alla base di questo mutuo soccorso di Bono vi era un accordo, concedere in tempi brevi a questi la riassunzione e la nomina a direttore delle direzioni, Regolatorio e Affari Istituzionali, fino a quel momento attribuite a un dirigente inviso alla sua persona (e allo stesso Artizzu). In fondo l’escamotage studiato, una volta fatto nominare quest’ultimo, era già fornito sul piatto dal passato, nessuno avrebbe mai sospettato di nulla. Ripescare quella famosa vecchia richiesta del 2020 inoltrata, via email al GSE, dall’Ad Sogin dell’epoca.

La strategia messa in atto

Una richiesta sulla quale ci furono dei ripensamenti e non si ritenne di portarla avanti. Sta di fatto che in tutto questo arco di tempo, ben 4 anni per la precisione, neanche l’interessato oggetto della missiva risulta aver mosso alcun ricorso legale. Come mai? Nella strategia studiata vi era però un piccolo problema, come creare i presupposti per creare l’esigenza di un arrivo e in una determinata collocazione. Fatta la legge, trovato l’inganno. Per attuare il piano, quale miglior scusa plausibile di una bella riorganizzazione aziendale? Con una fava due piccioni. Da una parte far vedere che era in atto un cambiamento, sollevando dai loro incarichi tutti i dirigenti, in modo da non far apparire che si intendesse attaccare solo alcuni di essi al solo fine di una resa dei conti.

Tutto ben congegnato

Dall’altra creare lo spazio, reso nel frattempo vacante per una di queste caselle, per consentire l’approdo di Bono su una poltrona comoda, ben ricompensata da un ottimo stipendio e un inquadramento superiore che gli consentisse di ricoprire il ruolo di direttore. Tutta questa manfrina per usare, in seguito, altresì il machete dell’audit interno (inchieste) che, con la consegna di alcune lettere di contestazioni, avrebbe permesso di poter mettere spalle al muro quei dirigenti invisi. Perfino decidere sulla loro permanenza in azienda o meno, a seconda della gravità delle situazioni emerse. Niente di più semplice, tutto ben congegnato, corretto nella forma tecnica e allo stesso tempo né presidente, né il resto del Cda si sarebbero mai accorti di cosa vi fosse dietro. La strategia del fare un qualcosa di prestabilito, nonostante non vi fosse l’effettiva esigenza, ma farla nascere. Al bisogno, corredarla da pezze d’appoggio per renderla digeribile e inattaccabile.

Quel consiglio dato da un politico della maggioranza

Peccato che a rompere le uova nel paniere siano arrivati i tre parlamentari, ai quali è stata fornita prontamente la pezza d’appoggio tecnica, il parere pro veritate, ma non la verità dei fatti. D’altronde nessuno sarebbe mai potuto venire a conoscenza, o solo immaginare, che l’attacco ad alcuni dirigenti, oltre che per volontà delle due figure citate nelle interrogazioni, poteva essere stato consigliato da un alto esponente di partito della maggioranza di governo. Con tanto di carica istituzionale! Se qualcuno dà un consiglio, vuol dire che qualcun altro lo avrà richiesto. Non vi pare? E qui si apre un nuovo retroscena con un doppio risvolto, da un lato una questione di ingerenza sulle scelte aziendali e dall’altro di opportunità, misto a obiettività, da parte di chi dirige la stessa azienda.

Il contenuto del suggerimento

Sicuramente quanto segue sarà smentito dallo stesso amministratore delegato della Sogin, anche perché si apre una bella grana quando, in futuro, uscirà il nome del politico. Però prima di smentire ci penserei due volte. Comunque io son qua! Ma andiamo avanti. Cosa avrebbe consigliato il politico della maggioranza di governo all’Ad Artizzu? Di fare come gli Orazi e i Curiazi, di non attaccarli tutti assieme perché avrebbero fatto corpo, in poche parole si sarebbero coalizzati. Quindi questo porta a pensare che vi fosse già un obiettivo ben preciso, quello di eliminare qualcuno che risultava non gradito o che, magari, non era dello stesso colore politico di chi era posto alla guida dell’azienda. Infatti straordinariamente, in Sogin, avviene che vengono destituiti i direttori, avocati i loro compiti all’Ad, nella riorganizzazione sostituiti i direttori (con qualche eccezione) e, ciliegina sulla torta, avviati degli audit interni.

L’affidabilità nelle scelte

Davvero molto particolare la combinazione dei tempi e degli eventi. Voi ce lo vedete Flavio Cattaneo (Ad ENEL) o Claudio De Scalzi (Ad ENI) consigliarsi con dei politici per delle scelte sul futuro di alcuni dirigenti interni? E poi, che necessità ha un amministratore delegato di consigliarsi, sulle scelte operative di organizzazione interna, con un esponente politico della maggioranza di governo, tra l’altro con nessun diretto indirizzo sull’azienda? Tutto questo rende poco affidabile e obiettivo, non scevro da qualsivoglia interferenza, l’azione di chi guida un’azienda pubblica. Basti pensare alle scelte che in qualsiasi ambito, nel presente e nel futuro, dovranno essere poste in essere sui lavori, le promozioni, i bandi di concorso, i premi, il deposito unico nazionale (oltre un miliardo di euro) ecc…. Chi assicura l’opinione pubblica che tutto sia svolto nella completa autonomia e senza alcun secondo fine?

Il ruolo di garanzia che è chiamato a svolgere il presidente di un’azienda

Per non parlare della trasparenza, dal momento che questa veniva sventolata ai quattro venti, proprio dall’amministratore delegato della Sogin, durante le varie audizioni nella Commissione ambiente della Camera. I membri di quella commissione, i parlamentari, i ministeri competenti e lo stesso Cda della Sogin – in cui il presidente è chiamato a svolgere un ruolo di garanzia – dinnanzi a un quadro del genere che faranno a tutela della succitata trasparenza? Quale fiducia si potrà avere nei confronti di quel qualcuno al vertice dell’azienda, quando si dovrà esprimere in merito ad altre questioni? Se non ricordo male, questo era il governo che in campagna elettorale diceva che con loro sarebbe stato diverso e che avrebbero fatto andare avanti la meritocrazia! Già, nel caso specifico si subodora di che tipo di meritocrazia si tratta.

I retroscena non finiscono

Quanto riassunto non è l’unico retroscena, con tanto di prove, che è avvenuto e di cui sicuramente la stampa si occuperà, ma ve ne sono altri, di altrettanto interesse, di cui scriverò nel prossimo articolo. Chissà, se questa volta l’Ad e il nuovo arrivato in Sogin mi scriveranno per farmi i complimenti sull’articolo, e se si preoccuperanno di diffonderlo come per il passato? Penso proprio di no, uno strano presentimento mi porta a pensare che non sarà così!

Foto © L’opinione di Alessandro Cicero, Comunicazione Italiana, Camera.it, CorCom, Wikipedia, Maremma News, X.com, Instagram

Informazioni su Alessandro Cicero 89 Articoli
Alessandro Cicero è nato in Africa settentrionale, da genitori italiani di origine siciliana, si è trasferito da piccolo nella città di Salerno, oggi vive a Roma.

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